# 41 - La pietra d’inciampo - Intermediate

Benvenuto su Italiando Storie, il podcast di storytelling in lingua italiana per arricchire il tuo italiano e la tua mente.   

Sono Silvia e sono qui per raccontarvi delle storie attraverso le quali far crescere il vostro italiano. Qui si parla di tutto: di racconti, di storie personali, di cultura, di attualità e molto altro. Trovate la trascrizione di questo episodio e degli esercizi per mettere alla prova il vostro italiano al sito www.italiandolearnitalianwithsilvia.com. 

La storia di oggi è una storia che racchiude in sé migliaia di storie. È una storia italiana ma non solo. Vi chiedo di resistere alla tentazione di cercare il significato delle parole del titolo di questa storia: lo scoprirete fra pochissimo.  

Prima di raccontarvi la storia di oggi però, vediamo assieme alcune delle parole chiave dell’episodio di oggi. Se volete ascoltare direttamente la storia andate avanti di qualche minuto. 

La prima parola è sguardo (sostantivo, s.m.). Se dirigo lo sguardo a te, ti sto guardando, se dirigo lo sguardo a Giuseppe, sto guardando Giuseppe, se dirigo lo sguardo al cielo, sto guardando il cielo. Insomma, avete capito? Lo sguardo è la direzione dell’atto visivo, dell’atto di vedere. Uno sguardo è un'occhiata, un rapido esame degli occhi ma anche l’espressione che assumiamo mentre guardiamo qualcosa o qualcuno: uno sguardo dolce, uno sguardo cattivo, uno sguardo innamorato, uno sguardo arrabbiato. 

La seconda parola è inciampare (verbo). Quando inciampo colpisco senza volerlo con il piede un ostacolo mentre cammino. Possiamo inciampare su un gradino, ad esempio, o su un sasso sulla strada che non abbiamo visto. A volte se inciampiamo davvero male, possiamo cadere per terra.  

La terza parola è sampietrino (sostantivo, s.m.). Un sampietrino, o sanpietrino è un blocchetto di leucitite (un tipo di roccia di colore chiaro) utilizzato per pavimentare strade o piazze.  Sono tutte quelle pietre, una attaccata all’altra che insieme compongono alcune strade italiane, di solito all’interno di centri storici. Non compongono quindi una strada liscia e per questo, sappiate, che non è facile camminarci sopra con i tacchi alti.  

La quarta parola e ultima parola è dimenticare (verbo). Ho dimenticato cosa volessi dire...ehm...aspetta vediamo se mi ricordo, se mi ritorna in mente quello che volevo dire...eh, no, l’ho proprio dimenticato: ho perso quel pensiero nella mia mente.  Dimenticare significa esattamente questo: non ricordare, perdere la memoria, anche temporaneamente di qualcosa. 

Bene, queste erano le parole chiave. Ora, mettetevi comodi e preparatevi ad ascoltare la storia di oggi.    

LA PIETRA D’INCIAMPO

Sono a Padova in compagnia di una delle mie amiche storiche. È quasi sera e siamo appena uscite da un interessante mostra d’arte impressionista. 

Ho sempre amato la città di Padova. Ha il fascino della storia e la vivacità dei giovani. Ogni volta che ci vado mi rivela qualcosa di nuovo. Sebbene percorra solitamente le stesse strade, mi capita sempre di notare qualcosa di nuovo: alzo lo sguardo e vedo un balcone pieno di fiori oppure un affresco sulla facciata esterna di una casa, giro la testa e vedo una stretta via ciotolata che conduce a una piccola chiesa. È davvero una piccola città ricca di sorprese. Basta saper guardare.  

Quel pomeriggio è successo esattamente questo. Ancora una volta, Padova mi ha sorpreso. 

Dicevo... 

È quasi sera e sta calando il buio. Sto camminando a braccetto di questa mia amica e stiamo commentando la mostra appena vista: cosa ci è piaciuto e cosa non ci è piaciuto affatto.  

“sì, insomma, hanno messo tantissime opere di Monet, e solo una di Renoir...” 

“hai ragion...” 

Nel bel mezzo della conversazione, inciampo per strada. È qualcosa che mi capita piuttosto spesso in effetti. Sono una persona abbastanza goffa ed evidentemente non alzo a sufficienza i piedi da terra quando cammino. È imbarazzante ammetterlo ma mi capita di inciampare piuttosto spesso. E vi assicuro: molto più spesso di quanto vi stiate immaginando. 

Questa volta però è diverso. Di solito inciampare provoca in me imbarazzo o una risata autoironica, questa volta invece mi porta a una scoperta decisamente inaspettata.  

Abbasso lo sguardo per vedere cosa esattamente mi ha fatto inciampare.  

A un primo sguardo sembra che io sia inciampata su un sampietrino un po’ più grosso del normale.  Quello però non è un sampietrino come gli altri. Non è ruvido e grigio come al solito: la sua superficie è liscia e più chiara del normale, quasi luccicante. Mi piego a osservare meglio. Sembra un sampietrino fatto d’oro. Che strano...non ne avevo mai visto uno prima.   

Aspetta...sembra che ci sia scritto sopra qualcosa.  

“Qui abitava Eugenio Coen Sacerdoti, nato 1880. Arrestato il 10.05.1944. Deportato Auschwitz. Assassinato 03.08.1944” 

Rimango un po’ in silenzio a osservare quella strana pietra e rileggo più volte la scritta.  

La vita di una persona riassunta in pochissime parole e incisa per sempre su una pietra incastrata per strada.  

“è una pietra d’inciampo, non ne hai mai vista una?” dice la mia amica per nulla sorpresa. 

“una pietra d’inciampo?” 

“sì, ci sei inciampata sopra no?” 

“effettivamente sì” dico imbarazzata.  

“Le pietre d’inciampo sono dei veri e propri piccoli monumenti. Quando le persone inciampano su queste pietre, sono obbligate ad abbassare lo sguardo e dedicare un po’ della loro preziosa attenzione a queste pietre e così inciampa non solo lo sguardo ma anche il pensiero” 

Ho pensato subito che si trattasse di una bellissima idea.  

“Gunter Denmig, un artista tedesco, decise un giorno di creare qualcosa che potesse ricordare tutte le persone che sono stata deportate durante l’Olocausto e che rischiano, un giorno non troppo lontano, in futuro, di essere dimenticate. Questo artista creò queste piccole pietre di ottone che scintillano al buio, da porre davanti alle case delle persone che una volta abitavano lì e che non sono più tornate a casa”. Mi spiega la mia amica. 

“In un certo senso queste pietre, hanno riportato le vittime a casa loro...” dico a bassa voce. 

Prendo in mano il mio cellulare e faccio una breve ricerca.  
Cerco il nome scritto su quella pietra: Eugenio Coen Sacerdoti. 

Mi appare subito la foto di un uomo con dei simpatici baffi e dei piccoli occhiali tondi.  

Scorro un po’ i risultati della mia ricerca e trovo subito diversi articoli che mi raccontano in poche parole la storia di questo signore. 

Trovo qualsiasi genere di informazioni sulla triste conclusione della sua vita: il luogo d’arresto, il numero del convoglio con cui è partito, il nome del campo di concentramento.  Subito dopo però scopro anche il resto della sua vita, il lato luminoso di essa: scopro che era dotato di una bellissima voce e di un grande amore per la musica, che diventò presto professore di musica, che si sposò a 24 anni ma soprattutto che fu una guida importante (divenne poi rabbino) per la comunità ebraica e che era un uomo stimato e ammirato.  

Quando rialzo la testa dal cellulare, sono passati solo pochi minuti; eppure, io ho appena fatto un viaggio in una storia che mi ha lasciata senza parole.  

“quindi lui abitava qui con sua moglie un tempo...”  dico rivolgendo lo sguardo al portone davanti a noi. 

“eh sì, non troppo tempo fa se ci pensi...” 

Io e la mia amica, ci guardiamo, con rispetto dedichiamo ancora qualche momento di silenzio a quella pietra e torniamo alla nostra passeggiata.  

Mentre torno a casa rifletto su quanto quella piccola pietra abbia scatenato dentro di me.  

Basta così poco per riaccendere la memoria e scoprire non una ma migliaia di storie. Storie difficili da raccontare, difficili da sentire ma impossibili da dimenticare.  

Da quel giorno, mentre cammino per la mia città, ogni tanto abbasso lo sguardo, alla ricerca di una di quelle pietre per onorare quelle persone che abbiamo perso in un triste pezzo di storia di questo paese. Triste ma indimenticabile.  

FINE

Le pietre d’inciampo, Stolpersteine, in tedesco, sono più 70000 in tutta Europa. Sono dei piccoli blocchi quadrati (10 centimetri x 10) ricoperte di ottone lucente e vengono messe davanti la porta della casa nella quale ebbe ultima residenza un deportato nei campi di sterminio nazisti. 

Secondo l’autore di questa iniziativa, Gunter Denmig, “una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome”. 

Nel pdf che allego nella pagina Patreon potete trovare alcune immagini di queste pietre.  

Voi siete mai inciampati su una di queste pietre? 

Vi è piaciuta questa storia? Fatemelo sapere con un commento sulla piattaforma da cui mi state ascoltando. 

 Bene, per oggi è tutto, vi ricordo che trovate dei contenuti extra sul mio sito. Se volete che tratti uno specifico argomento o racconti una vostra storia, scrivetemi a  italiando.learnitalian@gmail.com. Vi aspetto! Vi auguro una buonissima giornata, ci sentiamo al prossimo episodio di Italiando Storie. Ciao! 

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